Devo riflettere di più sul mondo circostante. Sono troppo concentrata su me stessa.

30 anni, di fronte a me, “sei un pirla” parla ad alta voce con un amico dall’altra parte del telefono. Batte un piede senza nessuna uniformità. Il paesaggio scorre negli occhi, isolata neI suoi pensieri, non credo stia ascoltando è in una realtà sonora parallela. Scende.

Essere concentrati è solitudine. Ricordo l’atmosfera frizzante di menti silenziose al liceo, solo durante le verifiche. Non c’erano grandi slanci ma ognuno pensava almeno per un’ora ad un unico argomento. Lì non c’era solitudine, un momento condiviso, necessario. La condivisione d’obbligo, o forse no. Molti cervelli che lavorano insieme creano energia, calore. Acqua in ebollizione che si disperderà da lì a qualche anno. Tema: “io e la solitudine”. Svolgimento: “Siamo già in due”. Finito. Ecco sì è in tanti anche da soli.

Ogni giorno vedo foto di persone, le osservo ma potrei osservare meglio le persone che incontro. Mi dicevano che per fare foto in strada bisogna avere costanza, pazienza e coraggio, le persone non amano farsi fotografare nei momenti normali, vogliono fotografarsi nel momento speciale.

È come essere costretti a ingerire vite altrui, rimangono con te, le percepisci nei tuoi occhi anche se non hai nessun interesse, esattamente come quelle riprese da stralci di discorsi.

Qual è l’inquinamento sociale che ci permea? Vite, storie a cui accediamo senza vera necessità, trasporto o consapevolezza, spesso veri e propri rimasugli di vita. Materiale di cui lo stesso proprietario non ricorderà granché.

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